martedì, dicembre 26

Un paio di bicchieri


Sera - 23.12.26

Il cenno lieve, la docile oscillazione del capo, sono un chiaro invito per Mikey. Il barista rabbocca il bicchiere con pazienza infinita, piantandosi a fissarla mentre lei sembra lasciar vagare lo sguardo nel vuoto, tra i propri pensieri.

- Mi dici che hai?

La voce è impastata e roca, i baffi lunghi, bianchi, finiscono lisciati dalle dita ingioiellate di teschi di metallo e roba del genere, sintomi di un passato non proprio pulitissimo appresso a qualche banda di motociclisti che però si è evidentemente lasciato alle spalle, i tattuaggi coperti o rimossi come da costume.

- Nothing
- Sei silenziosa, di solito sai fingere di essere di compagnia
- Mother of Jesus I'm just tired. La smetti di farmi da padre?

- No. E visto che la mettiamo su questo piano, perchè continui a vivere in quel posto di merda? Puoi permetterti di meglio, di venire più vicina al Walt Whitman invece di farti marcire nel Pocket

Non è la prima volta che affrontano quella discussione, e l'occhiata esasperata che Cori rifila al barista ha un che di stanco. Lo fissa in silenzio, svuotando il bicchiere con un lungo sorso e battendolo sul bancone, lasciandosi cadere mollemente dallo sgabello su cui da piccola dondolava le gambe lanciandosi nel vuoto.

- Te l'ho già detto. E' casa.
- Casa è dove sono quelli che ami, non una catapecchia fatiscente tra vicoli abbandonati e gente infelice.
- Troppo facile lasciar morire un posto solo perchè si è troppo stanchi per cercare di fare la differenza.
- Questa tua mentalità... it will get you killed
- Sláinte!


Alza il calice e saluta, con un sorriso ampio, piatto e privo di luce che fa ruotare lo sguardo al barista e sbuffare imprecazioni tra i denti. Torna ad asciugare le mezze pinte uscite fumanti dalla lavastoviglie mentre lei scivola di nuovo a terra, lasciando gli spicci sul bancone, il bicchiere rovesciato su di un quarto di dollaro incastrato al di sotto.


Mattina - 25.12.26 

- Hei
- Hei, è lì con te?
- Sta scartando i regali, vuoi che te lo passi?
- No, lascia stare. Sta bene?
- Cori...
- Sta bene?
- Sì, è felice, ha ricevuto tutto quello che desiderava a parte vedere te.
- Gli passerà, devo lavorare.
- Devi sempre lavorare. Hai pensato a quello che ti ho detto?
- Yes.
- E...?
- Nothing.
- Resterai lì...
- Precisamente.

Il sospiro all'altro capo del telefono la vede affondare le dita tra le ciocche castane, sostenere la pesantezza della testa. Gli occhi verdi annacquati fermi sulle fotografie nei pressi del mobiletto di legno mezzo mangiato dai tarli e dal tempo. 

- Come vuoi, almeno cercherai di venire per il suo compleanno?
- I'll do my best.
- Il tuo meglio non è abbastanza. Fallo, è tuo figlio.

Si passa la lingua sulle labbra screpolate accompagnando il bicchiere sul piano, silenziosamente perchè non si possa sentire il tintinnio del vetro. Sul punto di rispondere un pugno feroce impatta sulla porta facendola trasalire, del tutto inaspettatamente. 

- Shit, I gotta go. Tell him I love him.
- Will do... cerca di non farti am-
- Ammazzare sì, lo so. Ciao Cian.


Pomeriggio - 25.12.26

- Mordi qui. Mordi qui cazzo.

Il suono viscido del sangue le riempie le orecchie così come la nota metallica riempie l'aria e fa raschiare la lingua contro il palato. La coltellata è affondata troppo, ha reciso troppo ed è un problema. 

- Cristo Santo perchè diavolo non lo avete portato in una dannata clinica.
- Fanno troppe domande Cori.
- E io non le faccio?
- Well yeah, ma a te possiamo mentire.
- Fuck you Jim - merda... tieni questo, versalo sulla ferita non vedo niente c'è troppo sangue e devo finire di mettere i punti o si dissaguerà.
- I tuoi punti sono più carini di quelli della tua Nan.
- Grazie al cazzo. Ora sposta quella testa rossa del cavolo e punta la luce qui, aiutami o tuo fratello all'anno prossimo non ci arriva.

La quantità di sangue che imbratta il tavolo di metallo del veterinario non è affatto rassicurante, quantomeno hanno scelto un posto facile da ripulire. Non ha particolari pensieri mentre cerca di evitare che uno dei suoi amici d'infanzia finisca al creatore, c'è la musica nella testa, quella musica che fa suonare in sala operatoria mentre rimette a posto la gente, la stessa musica che l'accompagna quando deve metabolizzare e scacciare i pensieri, sgombrare la mente e occuparsi esclusivamente di quello a cui si dedica da che abbia memoria, calpestando le orme troppo grandi della sua Nan.

Getta il grembiule in un sacco nero, si leva la felpa e i guanti, gettando anche quelli perchè vengano bruciati con il resto. Crolla su di una poltroncina, storta, stanca e svuotata di energie. Il dorso della mano posato sulla fronte, le dita di Jim che le passano tra le ciocche scaricano un birvido doloroso che la fa sbuffare.

- What?
- Bevi, ti passerà.
- Holy Mother of God what's this?
- Distillato dalle nostre manine.
- Trementina praticamente.
- Oh fuck you Cori, drink and shut up.
- And a Merry Christmas to you too.
*Tlin*



Sera - 25.12.26

- Ce la farà ma tienilo fermo per almeno un mese, non voglio ritrovarmi tra due giorni di nuovo immersa nel suo sangue. Lo lascio crepare quant'è vero Dio.
- Yeah, right. Dove vai?
- In chiesa, e dovresti andarci anche tu. Accendi un cero, confessati e ringrazia l'altissimo che ha salvato la vita a tuo fratello.

Le dita di Jim l'afferrano per il collo, tirandola vicina. Chiude gli occhi, il bacio ruvido di barba contro la tempia ha il sapore familiare dell'alcol e del tabacco, il calore di una casa sfasciata e ormai solo l'ombra di un ricordo saldo nella memoria. 

- Thank God we have you.
- Right... get some sleep, I'll pray for your ass.

Sulla scala antincendio osserva quello che era il palazzo dove vivevano i suoi cugini, cumuli di macerie lasciati indietro dalla guerra. Ha perso due terzi della propria famiglia lì sotto, e ancora sente l'eco di risate, i ricordi che inseguono come fantasmi. Lo sguardo verde si spinge verso il porto, più in là dei cumuli. Un suono in strada, una figura incappucciata e l'ansia che batte tra le tempie, l'ennesimo problema che si affaccia, per un attimo. Sembra cercarla, e lei non respira, chiude gli occhi e trattiene il fiato pregando Dio che se lo porti via e, per una volta tanto, sembra essere accontentata... sembra. Volta l'angolo, sparisce. Torna a fumare e bere, rilassandosi nel crogiolarsi tra ricordi vecchi e polverosi, adatti all'ambiente in cui continua a trascinarsi, notte dopo notte, giorno dopo giorno, barcamenandosi tra il lussureggiante brillio asettico della Thorne e il rattoppare alla benemeglio gente che quel candore non lo vuole nemmeno sentir nominare, rubando ore di sonno e succhiando la vita, attimo dopo attimo. 
Il suono di uno schianto sul tetto sulla sua testa, gli occhi chiari che scattano, la pistola che esce e i passi che si fanno scanditi al ritmo assordante del cuore... there's no peace for the wicked.