domenica, dicembre 31

Bus e Scacchi

31.12.2026

Tira un sospiro di sollievo quando, saliti gli scalini del bus, intravede i posti vuoti a disposizione. Si abbandona in uno senza alcuna eleganza, sfatta. In piedi da venti ore, dodici lavorate in ospedale, di corsa, senza un attimo di respiro, senza poter chiudere occhio. Cosa che fa adesso. Li chiude entrambi perchè tanto ha tempo, ce ne vogliono di fermate prima di arrivare al Pocket, e il giro sembra sempre infinito. 
Non dorme davvero, semplicemente riposa gli occhi, con lo zainetto stretto in grembo e la pistola che le preme contro le costole sporgenti. Ha smesso di pesarsi per non impensierirsi, ha smesso anche di guardarsi allo specchio. Le dita sottili rigirano le ciocche, le avvolgono attorno all'anulare lì dove il segno dell'anello continua a persistere, sbiadito ma presente, alimentato dall'indossare la fede a casa, quando va a dormire, perchè la gente le donne sposate non le infastidisce, sia mai quanto possa essere grosso il marito alle spalle. Che poi non lo sia più sono dettagli che tiene accuratamente per sè. 

Quando riapre gli occhi c'è chiasso. L'autobus si è animato, pur essendo l'ultimo dell'anno. Un paio di ragazzi sfoggiano spillette con il cuore, e lei non ci fa troppo caso. Quello che però l'attira è una signora in un angolo, troppe buste: ingombra il passaggio e la gente la guarda male. Vorrebbe davvero chiudere gli occhi e fingere di non aver visto, ma sente le viscere torcersi e non è l'assenza di sonno, così come non sono i troppi caffè per tirare avanti. Si odia. In fondo al cuore qualcosa continua a darle della cogliona ma non ce la fa a stare seduta. Si sporge, richiama l'attenzione della signora che cerca di ignorarla, sfiduciata come buona parte della città e più ci si allontana dal centro peggio diventa. Potrebbe ritenersi soddisfatta se non fosse un'idiota. Lo sa. Ci ha provato, nessuno la obbliga se non quella maledetta tenacia che l'ha tirata avanti fino a quel giorno, con troppe cicatrici e ricordi sepolti sotto la cenere. 

- Signora venga, le cedo il posto.

Le vecchia e mezzo bus la guardano come fosse un'aliena. Lei a stento si regge in piedi ma va bene così, ingombra meno della donna con tutte quelle borse della spesa, probabilmente - si convince - diretta a cucinare per tutta la famiglia, o più d'una, per la serata. Aspetta che la donna sia prossima prima di alzarsi, perchè sa che se lo facesse prima, qualcuno ne approfitterebbe per parcheggiare il culo sulla sua sedia e rubarle il posto senza sentire la minima vergogna o rimpianto. Si assicura che sia comoda, che le buste siano lontane da mani troppo invadenti e si appende ad un palo. Di dormire non se ne parla nemmeno stavolta, il tutto rimandato a quando potrà mettere la testa sul proprio cuscino.

Appoggia la fronte contro il sostegno di metallo, mollemente e priva di energia. Adocchia lo skyline che gradualmente perde di colore, si ingrigisce, invecchia e perde di luminosità. Lo scambio con Josephine torna a rimbalzarle tra le pareti del cranio, la consapevolezza che non basti quello che sta facendo per cambiare davvero le cose pianta radici profonde, ma trova la propria contrapposizione nell'annosa domanda del: che altro potresti fare?

Per ora non le viene nessuna risposta. Lavorare nel Center, tornare nel Pocket. Guadagnare lo stipendio fisso aiutando le persone, solo per finanziare l'acquisto di materiale medico per aiutare chi nel Center non ci viene. Senza fare domande, senza chiedere niente in cambio. Di quelle sessanta ore settimanali al servizio della Thorne gliene restano comunque cento otto. Se non dovesse dormire, s'intende. Il sonno non è mai stato alleato, per quanto abbia imparato a rubare gli attimi, rannicchiata negli angoli, nascosta nel fango, non aveva importanza. Un cuscino è sempre un passo avanti dal dormire sulla terra dura. Il Pocket è un miglioramento, dalla Siria o dalla Sierra Leone. Tagliarsi un dito affettando la verdura è decisamente meno doloroso di beccarsi una scheggia di granata o un proiettile perchè le croci rosse e i campi medici sono sempre un bersaglio più semplice da beccare.

Si può comunque fare meglio... ma gli scacchi non sono un gioco per lei.