martedì, maggio 8

Broken people

E’ solo quando varca la soglia di casa, di ritorno da Old Town, che la consapevolezza si fa strada tra le vertebre, pungendo fredda come una lama. La via che dalle zone del centro città portavano a casa le sapeva a menadito, ma da quando la Thorne ha deciso che il Pocket doveva diventare la sua vetrina per la città al di fuori delle lustre strade della City non riconosce più nulla. Giusto qualche vicolo, qualche insegna. Il portone è rimasto lo stesso ma le cose attorno sono cambiate. Fortunatamente casa sua è più verso il Fiume, non vede il parco, il palazzone pieno di uffici papabili, l’aria che si respira è ancora quella stantia di un tempo. Butta le chiavi sul mobiletto, nella ciotola con gli spicci, i foglietti dei take away cinesi, thai, fusion, italiani, vecchie spillette e bossoli di pistola. C’è silenzio, di quelli immobili, spezzati solo dal chiacchiericcio che sale dalla strada sotto casa, ragazzini non diversi da com’era lei alla loro età, raccolti a dividersi una birra, fumare una sigaretta, farsi una canna. Si affaccia al vetro umido, la pioggia ha trascinato le temperature verso il basso ma non abbastanza da dare fastidio ed impedire agli ormoni galoppanti di manifestarsi nei vicoli appiccicosi.

La prima cosa che fa è recuperare i cellulari, quello proprio per avvisare Aaron di essere a casa e ringraziarlo, quello usa e getta per informare altri che è andata e tornata, apparentemente senza conseguenze. Si lascia andare sul divano, la finestra socchiusa, la penombra a disegnare contorni lunghi a causa di un lampione che proietta la luce fredda dentro la finestra. Il vecchio orologio a muro di Nan ticchetta lento, il tempo sembra dilatarsi accompagnato dal gorgogliare di due dita di whisky che riempiono un tumbler sufficientemente capiente. Piano piano cerca di ripetersi mentalmente quello che ha raccontato alla Force, ricordarsi dove potrebbe aver inciampato, esitato troppo, se può esserle scappato qualcosa di troppo. Cerca di ricordarlo per scrivere un messaggio all’avvocato, condividere quello che ha detto cercando di tenere a mente i consigli: essere disponibile e discostarsi dall’uso della violenza. Quello è stato semplice. Accompagna il bicchiere alle labbra e non può fare a meno di sentire la voce di Gordon incrinarsi. Che non abbia accettato la sua mano non l’ha toccata troppo ma la rabbia che lo ha mosso all’ultimo, dietro la facciata di compostezza fredda e cortesia imposta l’ha fatta vergognare. Lei non era a China Town, ma non può fare a meno di chiedersi cosa avrebbe provato lei al posto dell’Agente Incaricato a vedere un amico morire senza poter fare nulla. Stringe le labbra, scacciando dalla testa l’idea che avrebbe potuto assistere a qualcosa di simile accadere a Clem o a Victor, a Galen anche per quanto il medico pessimista resti comunque un ricordo distante prepotentemente entrato a testa bassa nella sua vita negli ultimi giorni. Quella è stata la sua esitazione, affermare di non conoscerlo, o di non ricordare di averlo incontrato probabilmente non è sembrato abbastanza convincente. L’usa e getta che vibra la fa scivolare stesa sul divano, lo schermo a cristalli proietta la luce verdastra diretta nelle pupille. Il messaggio lo prende per uno scherzo, ci spera con tutta sè stessa che sia uno scherzo, motivo per cui la risposta è altrettanto scherzosa. 

Solleva lo sguardo, la tenda che si muove genera ombre che la fanno sussultare. Non ha dimenticato le parole iniziali dell’agente Mercier, di come il suo nome sia già apparso altre volte nelle indagini della SCF. Non è mai stata eccessivamente prudente, fino a che si tratta di lei, il rischio valeva la candela ma ora? Ora che fin troppe persone sono entrate nella sua vita? Ora che non è più sola come crede ma c’è gente che si danna se rischia stupidamente, gente che si espone per proteggerla deve rivedere necessariamente il modo in cui affronta la quotidianità. Prestare più attenzione, tenere un profilo basso. Se già la visita all’Ambulatorio da parte della SCF non fosse bastata a metterle addosso una certa pressione, il rendersi conto della facilità con cui qualcuno abituato a raccogliere voci di strada possa arrivare alla Clinica con la scusa di una cura l’ha messa sul chi vive. Non solo Niall, di cui non ha smesso di fidarsi nonostante sia stata messa al corrente del suo segreto, non solo Aaron che ha coinvolto in buona fede e che si ritrova con le mani legate e il biasimo stampato nella retina, ma chissà quanti altri. 

- E’ solo questione di tempo.

Beve un sorso più lungo, riflettendo sul come ha impiegato le proprie energie fino a questo momento. Gli scambi di sms anonimi tra telefoni non registrati continuano a distoglierla, di tanto in tanto, da quello che martella il cervello. Si ritrova a fissare lo schermo interdetta, colta in fallo da una battuta che la vede effettivamente scoprire una necessità che non credeva di avere. Scola il bicchiere e se ne versa un secondo senza esitazioni, sospirando. Le dita incastrate tra le ciocche che hanno perso di ordine e compostezza, il bel vestito indossato per sembrare una persona per bene scivola leggero sulle gambe snelle, piene di segni e cicatrici che non lasciano troppo all’immaginazione, passate e presenti. Il dorso della mano premuto a schermare gli occhi scuri, resi lucidi dalla vampata di calore che non ha il retrogusto del whisky ma è imbarazzo, puro e semplice. Sa che non può chiedergli di vedersi, per quanto vorrebbe, è pericoloso e la sensazione di non aver chiuso la partita è ancora prepotente in petto. Non che lei abbia fatto nulla personalmente, ma nel momento in cui proteggi consapevolmente qualcuno, diventi automaticamente colpevole. E’ così che funziona, e il senso di nausea le conferma di sentirsi esattamente così, colpevole, buona fede o meno. Tira su col naso, richiamando la risposta a video quando arriva per sentirsi chiudere la gola istantaneamente. Se da una parte sa che non ha nulla da pretendere, da chiedere, dall’altra c’è una parte di lei che vorrebbe implorare di mandare tutto affanculo, di non andare, di restare con lei pur sapendo di avere il tempo contato, e di non poterci fare niente. L’aveva messa in guardia. L’aveva avvertita, eppure da un lato sembra essere l’unica cosa naturale, non rifuggire l’inevitabile, abbracciarlo e farlo proprio fino a che è possibile perchè tanto la vita finisce per tutti e ad avere paura non si campa più. 

Però non smette di avere paura. La sente arrampicarsi lungo la schiena come un brivido freddo. Paura di non essere abbastanza, di non riuscire a fare la cosa giusta e anzi, di essere causa di qualcosa che va storto, come la sera della manifestazione. Avrebbe dovuto levare la pistola a Clem, avrebbe dovuto impedirle di farsi picchiare, e forse non sarebbe successo tutto quel casino. A guardarsi indietro avrebbe potuto fare tante cose meglio, scegliere strade differenti, risparmiare a sè stessa e ad altri, soprattutto, una serie di sfortunate coincidenze. L’alcol non aiuta a pensarla meglio. A pensare che se solo potesse tornare indietro... ma non può, non ha alcun potere, umana come ha deciso anche il tanto odiato tampone. Umana senza sconti. Umana fragile che si è fatta lanciare dalla cima di un palazzo da Irina Voronin senza riuscire a lasciarle niente più che un graffio. Che ha deciso di nascondere la faccia dietro una maschera per cercare di fare qualcosa di più, perchè ormai di preservare la vita delle persone non basta. Non a questo mondo. E poi è finita irrimediabilmente a schiantare il muso contro un uomo cheè tutto tranne che ideale, di cui sente un bisogno viscerale che non riesce ad esternare in maniera normale, finendo per insultare e ringhiare invece di... comportarsi normalmente. Si rigira sul divano, sapendo di non avere alcuna chance di dormire perchè i pensieri infestano la mente e non le danno respiro. Non cell’ha con nessuno di loro, non con Niall, non con Aaron, non con Clem o con Galen, o con Gordon, o la SCF, o i Patriots o Victor. Ma non può fare a meno di avercela con sè stessa per il continuo sperare e credere che ci sia un modo per cambiare le persone, le cose, gli eventi, il corso della storia. Ce l’ha con sè stessa quando si preoccupa per loro che si ficcano testa bassa nei guai convinti di poterne cavare qualcosa, convinti che sia l’unica strada. E quando le dicono che torneranno lei non può fare altro che aspettare e sperare, come un bravo cane che scodinzola dietro la porta senza avere coscienza del tempo che passa. Sarebbe più facile se così fosse, se non avesse idea o consapevolezza della merda in cui navigano. Era mille volte più semplice tenere tutti lontani, alzare i muri e cenare in compagnia dei fantasmi del passato. Niente batticuori, niente pianti ansiosi. Solo quella mestizia docile a cui bene o male tutti si lasciano andare, a cui ci si abitua in fretta e da cui non si esce più, come l’ipotermia. 

Si alza di scatto, incapace di stare stesa ancora, senza possibilità di vedere il sonno ma con la voglia di barricarsi dietro qualcosa che non manifesti la sua assoluta inferiorità e ogni sua debolezza. Prende le chiavi, si butta addosso la tuta gettando il vestito nella cesta dei panni sporchi e via, fino al pub sotto il Walt Whitman, una tappa, una birra o due, una partita a biliardo e poi di nuovo via, non con la sua macchina ma in compagnia di un amico che se ne torna nella North. E poi da lì un altro passaggio, per assicurarsi di non avere nessuno alle calcagna, scivolare nelle fogne, trovare la via giusta e chiudersi al sicuro in un guscio dove nessuno ha accesso tranne lui. I riflessi verdi e arancio le accendono lo sguardo. Indossa la suit ed esce, perchè dietro la faccia di Neit tutte le preoccupazioni vanno a farsi fottere. 




[Rag'N'Bone Man:]
We're broken people now
We're burning out
So cold and bleeding now now now
Gonna let you down
We're broken people now
We're broken people now

[Logic:]
Tell me that I won't ever be nothin', ain't that somthin'?
I've risen from the bottom
I got 'em eyes on the prize and inside 'em
Damn right I overcame, y'all know the name
We similar but never been the same
Everybody, yeah they know the name
Right now, we'll make it some how
We'll make it some way
Yeah you know we gon' get it today like
I'm all on my own now
I won't ever let you down
Won't let you down down down

Yes I've been through it
They know I do it for the people
I'm fighting so we be equal
For my son and my sequel
And anybody who listenin'
In they system like venom
I get in 'em and spread visciously
This is me

[Rag'N'Bone Man:]
We're broken people now
We're burning out
So cold and bleeding now now now
Gonna let you down
We're broken people now

[Logic:]
We back at it
Young Logic, the rap addict
Giving it every part of myself on the real you would think that I'd be asthmatic
Allergic to your bullshit, yeah that's right I done had it
Real all the time, if you rep it get it tatted right now
This right here a vibe right now
I am too alive right now
I'm alive right now
Come on feel the vibe right now
Feel the vibe
Feel the vibe
Feel the... feel the... feel, feel the... feel the vibe

Yes I've been through it
They know I do it for the people
I'm fighting so we be equal
For my son and my sequel
And anybody who listenin'
In they system like venom
I get in 'em and spread visciously
This is me

[Rag'N'Bone Man:]
We're broken people now
We're burning out
So cold and bleeding now now now
Gonna let you down

Broken we ain't beaten
There's no glory in defeat
We won't fall into the cracks between our streets
We're broken people now
We're broken people now

We're broken people now
We're burning out
So cold and bleeding now now now
Gonna let you down
We're broken people now