venerdì, febbraio 16

Sotto terra

14.02.2027
Rannicchiata nell'ufficio della clinica su Ghost Road tutto è immobile e silenzioso. Jen ha staccato da un paio d'ore lasciando lei in controllo ma è relativamente quieto. Il cellulare messo su silenzioso è in carica, con lo schermo rivolto verso l'alto. I talloni appoggiati sulla sedia, sono ore che sta leggendo formulari chimici, elenchi di medicinali, prontuari medici. Ha promesso a Matt che avrebbe trovato una soluzione per il suo problema, anche se non è il suo campo. Scaccia l'immagine di quel maledetto pupazzo con l'aiuto di caffeina e zuccheri, mentre prende appunti, segna cose da comprare, altri libri da consultare. Non è semplice, ma i farmaci l'hanno sempre interessata e pare che una conoscenza approfondita sia una buona cosa da quelle parti soprattutto visti i prezzi dei medicinali di base a Groundwaters. Non era una schiappa in chimica, per un certo periodo ha anche pensato di scegliere farmacologia ma Nan non glielo ha permesso. Doveva diventare medico, per la famiglia, per sè stessa. Le bruciano gli occhi per quanto ha letto, la luce non è ottimale e la postura da topo di biblioteca non l'aiuta di certo. Il silenzio che la circonda è irreale, può quasi sentire battere il suo stesso cuore se si concentra abbastanza, ma quello che la fa saltare dalla sedia è un battito di ben altra natura. Un rintocco ritmato, metallico che le spedisce un brivido irrequieto lungo la schiena nemmeno avesse davanti Teodor. La chiacchierata della mattina con Matt l'ha profondamente turbata e non è un mistero, le malattie mentali l'atterriscono, sia perchè non ha gli strumenti per rimediare a certi mali, sia perchè sono imprevedibili. Ha visto cose giustificate dalla pazzia che preferirebbe non ricordare. Il suono non smette, ad intervalli regolari riprende rassicurandola della sua assoluta veridicità. Gli occhi verdi dietro gli occhiali ruotano a puntare la porta. Ha visto troppi film dell'orrore e letto troppe notizie spiacevoli per non aspettarsi il peggio, motivo per cui, Little Surprise alla mano, spinge il naso fuori dalla porta dell'ufficio per cercare di capire da dove provenga quel rintocco metallico. Si acciglia vistosamente, guardando le stanze deserte, tendendo l'orecchio verso la porta sul retro che conduce alle scale interne del palazzo, una via d'uscita alternativa che porta ad un livello strada differente dall'altro lato dell'edificio, ben nascosto. Ruba la torcia dal cassetto dell'ufficio, la batte contro il palmo della mano come si fa per controllare se le batterie sono ancora all'interno, il cielo solo sa perchè ma è un istinto naturale come allargare il braccio verso il lato passeggero quando freni di colpo. Scivola fuori in punta di piedi trattenendo il fiato e fermandosi come in un gioco da bambini ogni volta che il suono si interrompe, come se lo sfruttasse a copertura dei suoi stessi movimenti. Spinge il maniglione antipanico della porta sul retro, apribile solo dall'interno, per inondare il piccolo ambiente claustrofobico di luce artificiale a led. Si ferma, respira e spazia attorno, non è un segugio e il suo orientamento non è migliore di quello di molti altri motivo per cui deve prendersi del tempo per focalizzare bene da dove arrivi quella eco. Per un attimo le pare che scivoli fuori da una parete, quello dopo dal pavimento, alla fine punta il fascio di luce contro la parete crollata. Un brillio di riflesso tra le crepe ne attira l'attenzione: non aveva mai notato la presenza di un tombino lì. Si inginocchia a terra e appoggia l'orecchio, imitando gli indiani senza però avere alcuna coscienza di quello che combina. Di nuovo il suono rimbomba, sono vibrazioni che le carezzano la guancia e che lasciano intuire come possano provenire da lì sotto. Si acciglia un po', torna indietro per recuperare qualcosa con cui fare leva e scassinare l'accesso. La curiosità è una brutta bestia, le vittime dei film horror lo sanno.

- Se è uno scherzo di merda giuro che qualcuno me la paga... Gesù ora parlo anche da sola, ecco che si ottiene a conversare con i bacati di cervello.

Il suono della sua stessa voce ha qualcosa di confortante, fa sentire meno soli così come la presa sul calcio della pistola fa sentire molto più al sicuro. Per spostare il tombino le ci vuole un sacco di inventiva ma quando ci riesce resta profondamente delusa affacciandosi sull'apertura. Terriccio, rossastro, un paio di tubi che sporgono e si infilano a lato, praticamente una buca inutile senza nemmeno un contatore, una valvola. Sbuffa, tutta fatica sprecata apparentemente ma poi il rumore torna, e sembra spostato. Si acciglia, immerge la testa oltre il passaggio e scopre che c'è un tunnel in cui potrebbe strisciare e seguire qualche tubo ben oltre la zona crollata di macerie. Ci pensa un po', schioccando la lingua contro il palato di rinunciare non se ne parla così si cala all'interno, inzozzandosi di terriccio rosso per avanzare coi gomiti lungo lo spazio, spostando avanti la torcia che decide di spegnersi a metà tragitto, perchè scuoterla per controllare le batterie non basta e lo sanno tutti.

- Oh for fucks sake! Un fottuto classico. 

Cerca di strisciare indietro ma il terriccio è molle sotto le mani, cedevole e, all'improvviso, slitta direttamente giù, di muso, come in uno scivolo d'acqua, senza sapere se in fondo c'è l'acqua. Il tuffo non ha niente di piacevole, acque schifose raccolte dagli scoli delle strade attutiscono la caduta che le procura comunque una sequenza non ragionata di lividi sulla schiena. Si tira in piedi e si guarda attorno, la luce filtra da alcune grate e il rumore ora si fa improvvisamente più forte. La torcia, com'è giusto che sia, riprende a funzionare quando le percosse le fanno dimenticare di essere zuppa di schifo. Si fa trascinare attraverso un reticolo di cunicoli più o meno asciutti fino alla sorgente di quel suono.

- Tutto sto casino per un tubo di merda. Typical of you Cor.

Si lamenta recuperando una sbarra di metallo marcio con cui cerca di ruotare la valvola mezza saltata e spegnere il dannato ticchettio che arriva fino su da lei. Non ha idea di quanto sotto sia ormai, ma visto che c'è tanto vale porre fine al tormento. Poi il cigolio, qualcosa che si socchiude e lo sbuffo contro il viso che sa di chiuso e abbandonato come le porte delle cantine.

- I'm a fucking Goonie!

Si fa coraggio da sola, incitandosi ad infilarsi in un posto chissà dove, chiuso da chissà quanto tempo. Con la torcia illumina quello che a conti fatti pare essere un vero e proprio bunker, di chissà quale epoca passata. Un comparto centrale che si divide in tre zone, diritto, a destra e a sinistra. Le esplora tutte, per lo più sgombre a parte brande, armadi di metallo, quello che serve per tirare a campare il cielo solo sa quanti anni, se ben rifornito. Un dormitorio con quattro brande con i materassi stile militare ancora arrotolati e consevati sotto vuoto. Casse di acqua in scatola, cibo liofilizzato. Esplorando incappa in un pannello, la leva abbassata richiede un po' di gioco ma alla fine si attiva e la torcia diventa inutile. Un paio di lampadine saltano, ma le altre riescono a reggere. Lo storage ha tutto il necessario per farti sopravvivere attraverso un paio di guerre nucleari indenne e anche un sacco da leggere, tra vecchi manuali di sopravvivenza anche qualcosa di chimica e medicina in cui si perde, fino a che non ricorda di essere zuppa, infreddolita e sotto terra.