martedì, gennaio 2

Sempre seguire il piano

01.01.2027
Ancora una volta finisce per svegliarsi di soprassalto, gli occhi verdi spalancati, le pupille dilatate per assorbire quanta più luce possibile senza trovare che una falce di luminescenza artificiale fare capolino da sotto la porta. Placa il respiro e pulisce le lacrime accumulate agli angoli con le nocche, prima di rigirarsi sulla poltroncina e cercare di sprofondare nuovamente in quel sonno leggero, facile da spezzare nel caso arrivi un'emergenza.
Se l'era figurato diversamente come passare il primo del nuovo anno. Di sicuro non voleva essere svegliata alle 9 di mattina e trascinata in chiesa con solo una manciata di ore sul groppone, a preparare pentoloni di stufato, apparecchiare tavoloni, farsi rimpallare a destra e sinistra, dove serve serve.
Quella parentesi pomeridiana in compagnia di Mare per quanto di certo non leggera negli argomenti, assiepata tra le tante annose questioni etiche e morali che si ritrova a fronteggiare da sola, davanti ad uno specchio, ogni mattina. Troppi caffè, ma questo non è cambiato dall'anno prima. Altrettante sigarette, idem. L'urgenza di dare una mano sempre e comunque che non si sradica dal suo io più profondo, la plasma e la rende semplicemente quella che è. Cori. Corey. Dottoressa Holden.
Alla Thorne non voleva tornare. Da qualche parte il suo sesto senso e quell'istinto di sopravvivenza che in lei è sottosviluppato gridavano di restarsene nel South-Side. Di andare a fare il giro delle cliniche con cui collabora per aiutare, passare pomeriggio e sera a badare a raffreddori, anziani troppo stanchi, visite di routine. Invece no.

Appena messo piede nel building, raggiunti gli uffici, le notizie di lavoro le piovono tra capo e collo. Gli esami da fare sulla nuova droga bussano alla nuca, soprattutto in virtù di quello che accade alle persone che l'assumono. In quel laboratorio non doveva starci, se lo sentiva nelle ossa, ma che diavolo poteva succedere lì, al sicuro? Una mascherina difettosa, ecco cosa. Se fossero rimasti i soli primi effetti della droga, non le sarebbe dispiaciuto. Quel mondo perfetto senza fame, senza lotte. La famiglia, tutta la famiglia, vasta, felice, unita. Il solo pensiero di quella visione le chiude le viscere in una morsa che fa salire di nuovo la nausea e il sapore amaro di sangue e bava. Non ci sono state conseguenze, non letali, ma in fondo al cuore l'esperienza si è depositata, aspettando gli strati di polvere e la routine che la seppellisca del tutto.
Tira su col naso. Rigirandosi ancora e ancora. Sarebbe dovuta andare a casa dopo l'esperienza ad un passo dal collasso completo del proprio corpo ma no. L'unico modo per risollevarsi è riprendere a fare quello che si fa sempre e lo ha imparato presto. Dopo il primo viaggio in Sierra Leone, dopo il primo proiettile rovente in corpo, dopo la prima scheggia di granata. Nella penombra a cui si è abituata carezza le cicatrici, una per una sopra i vestiti. Quando arriva a quella sul ventre ha un brivido. Slancia le gambe e si tuffa a premere l'interruttore, inondare la stanza di luce led bianchissima e farsi abbagliare per una manciata di secondi. Acqua gelata in faccia, a ricacciare indietro le immagini di bambini, i suoi bambini, carne e sangue. Indurisce la linea delle spalle, quella delle labbra reagisce di riflesso e arriva, con un sospiro di sollievo. Arriva la bussata.

- Dottoressa Holden c'è bisogno di lei
- Arrivo

Chiude l'acqua, solleva la testa. Il respiro le gonfia il petto e torna in apnea, a lavorare, a sgobbare fino ad annullare ogni pensiero e lasciare che sia la meccanica abitudinaria a dettare ogni movimento. Però una cosa deve davvero segnarsela addosso, come tanti altri tatuaggi che le colorano la pelle: 'Seguire sempre il piano'.