lunedì, gennaio 29

Down to earth

29.01.2027 
Quando striscia di nuovo nel seminterrato del palazzo che ha scelto come luogo perfetto non ha più energie. Le ci vuole una manciata di minuti buoni per ricordare di accendere la torcia e quando lo fa la luce rimbalza su barattoli di latta pieni di pittura, travi e materiale edile trasportato lì da un poveraccio che ha ancora la pazienza di inseguire le tracce di un sogno sbiadito con lei. Si trascina fin dentro uno dei piccoli bagni di servizio, la luce filtra a malapena dalle feritoie che fungono da scarsa e fatiscente illuminazione lì sotto, per cui la torcia è la via più facile per specchiarsi e constatare, tra le macchie di ruggine, che i segni delle dita di Victor sulla gola sono là, belli evidenti sulla pelle chiara. Rischia la gola e sputa, ma non con disprezzo o disappunto quanto più per esorcizzare il senso di compressione e nausea che le pesa sullo sterno.
Struscia le suole degli anfibi sul pavimento e si rannicchia lì, accendendo il fornelletto per farsi un caffè annacquato ma necessario. Quando cerca di accendere la fiamma con un fiammifero le dita le tremano. La sente arrivare, risale con prepotenza e le si abbatte sulle spalle: paura. Quella che non ha mostrato prima, quella che è la sua più fedele compagna di viaggio, che ha imparato ad attendere il momento giusto per reclamare il pegno. Si rannicchia, imbambolata in un sacco a pelo spesso e ruvido e piange, lì sotto dove nessuno può sentirla e l'altissimo può vederla per giudicare la sua debolezza.

La prima vera volta che ha sentito quel morso bruciante era ormai decisa a gettare la spugna e tornare a casa con la coda tra le gambe. La Sierra Leone non faceva per lei, lottare per le cose più basilari, la miseria, la fame erano una realtà che la prendeva a schiaffi quotidianamente. Non che venisse da una famiglia agitata ma laggiù anche il c'era meno di niente e troppo da fare. Quattro mesi, ad addormetarsi piangendo, svuotata di energia, senza riuscire a tenere che poco o nulla nello stomaco l'avevano messa a dura prova. Aveva scelto di andare spontaneamente e l'avevano avvisata che non sarebbe stato facile e non sarebbe potuta tornare indietro prima di quattro mesi se avesse cambiato idea ma lei non gli aveva creduto. Aveva rinunciato una volta sola in vita sua e le era bastato. Però, la vita nelle sue sfumature più crudeli e spaventose riserva sempre qualcosa di inaspettato. La capacità dell'uomo di essere brutale e feroce, di abusare e dominare non è propria di nessun altra creatura generata dal signore, ma lì tutte le leggi più scontate diventano aleatorie, non si gioca più con lo stesso mazzo di carte né con le stesse regole e se non lo impari presto ti divorano pezzo pezzo. Un medico che non ha mano ferma è inutile, un medico accecato dalle sue stesse lacrime è patetico, un mero peso di cui liberarsi.
Però poi scatta. È un momento nella vita di tutti, quello in cui qualcosa si spezza. Per lei è arrivato di notte col tremare della terra, un colpo di mortaio, l'odore di nafta e di carne che brucia. Durante la grande guerra i medici mettevano la croce sugli elmetti per evitare di venire cecchinati, poi in qualche momento storico, l'umanità ha deciso che le croci rosse fossero il modo migliore per richiamare il fuoco, che fosse più semplice colpire dove si era più visibili. L'ospedale era un groviglio di tende che scintillavano di lucciole infiammate, le grida sconnesse riempivano le orecchie assieme al fischio persistente di quell'unico colpo impietoso ma dannatamente preciso. Ha ammassato cadaveri e feriti fino a non sentire più le braccia, fino a non percepire il freddo o il dolore, il caldo o il tempo che passava. Ha perso l'aereo per tornare a casa e la possibilità di gettare la spugna in una sola notte di delirio. Poi, quando tutto si è calmato e il silenzio è sceso è arrivata. La paura acre, una mannaia tra capo e collo, il crollo come un castello di carte sotto uno sbuffo capriccioso. Le dissero che era normale, il potere dell'adrenalina, le dissero che era stata brava a reggere e non farsi prendere dal panico e che era fortunata. Fortunata.

Oggi però non si sente fortunata, la gola le fa male ma non è la cosa peggiore di tutte. È il senso di completa impotenza, di avere ragione e allo stesso tempo di non avere potere. Non è dio, anche se ha tenuto i fili della vita delle persone più di una volta non può salvarli tutti. Ma non lo sopporta. Non sopporta quella dannata malattia e non sopporta che le venga impedito di curare qualcuno. Lo attaccherebbe ad un lettino tentando l'impossibile per quell'anno che gli resta se solo le fosse permesso, ma lei non è dio e la vita delle persone non sono il suo parco giochi. Non ne può disporre e non può obbligare nessuno a farsi salvare. Può solo sperare, aiutare fino a dove permesso a tenerlo in vita il tempo che deciderà di vivere, di combattere, per salvare l'unica cosa che valga la pena salvare.

---

Addormentarsi sul pavimento freddo è fin troppo facile se ci si sente al sicuro, ma non c'è posto abbastanza distante o riparato dove non arrivino i sogni. Spalanca gli occhi verdi sul buio che la circonda, il respiro annodato in gola fa ancora un po' male. Il suono di passi spedisce un brivido inquieto lungo la colonna vertebrale e si allunga a cercare la pistola che non trova.

- Tienila sempre con te.
 
La voce di Victor le rimbalza tra le pareti del cranio svuotate dalla stanchezza. La luce arriva all'improvviso e delinea una sagoma alta, robusta, familiare. La camminata sicura è un po' la sua, ha imparato ad emularlo da ragazzina ma c'è un velo di minaccia. Si alza, pronta ad incassare ma la mano che le afferra la gola la inchioda spalle alla parete e ce la incassa come fosse di sabbia. Indossa una fede d'oro lucida e i dettagli che prima chiamavano un nome ora si accavallano ad un secondo. Occhi azzurri che la fissano, l'attraversano da parte a parte stringendo le viscere in una morsa di confusione, la furia di un uomo col tempo contato richiama alla memoria quella di un uomo la cui passione e il cui amore erano già scaduti da un pezzo, per venire assorbiti da un rimpianto che non conosce sollievo.
- You can't save them all, little sister
- But I can bloody well try!